Bruno Palamenghi

❝Nacqui il 29 Novembre 1863, da Palamenghi Calogero e Felicia Caratozzolo Crispi, in Girgenti.
Non sono stato certo fortunato per il luogo dove nacqui.
È una cittadina di circa 30 mila abitanti, abbandonata da Dio e dagli uomini. Patria del gran filosofo Empedocle, resto degli avanzi dell’antica Agrigentum, città antichissima e popolarissima al tempo degli antichi romani, ma oggi, nulla.
Economicamente è molto mal ridotta in seguito a vari fallimenti delle più prospique e ricche famiglie, specialmente dopo il fallimento di 13 milioni del Senatore Barone Ignazio Gennandi, che ha trascinato dietro a sé molte altre famiglie.
Nulla enumero della mia infanzia, poco o nulla ricordando. Nel 1866-67 si ebbe a Girgenti il colera, falciando e facendo strage senza alcuna misericordia, in quasi tutte le Provincie della Sicilia.
Ricordo tale epoca per alcune impressioni anche nell’animo mio infantile, e ben ricordo anche gli svaghi e i divertimenti a cui si abbandonavano la mia famiglia, parenti ed amici per scacciare il pensiero da sì triste e terribile calamità. Allo scoppio del colera subito siamo andati nel nostro fondo detto «Amagione».

[…] Nel Luglio 1884 a Napoli infierisce il colera, arrivando sino a 2000 casi al giorno. La popolazione è molto allarmata. Moltissime famiglie vanno fuori Napoli.
Anche i miei vanno a S. Paolo Belsito (Nola), paesetto situato in una amena collina, aria finissima, salubre. Giunto da Modena a Napoli, dovetti raggiungerli colà.
Dapprima vi stavo male per mancanza di amicizie, e relazioni, ma poco dopo cominciai a starvi bene e a divertirmi, avendo fatto conoscenza con giovanotti, signori, e loro famiglie, fra le quali, Conte Coppola, Marchese Casanova, Cav. Capecelatro, Alfano, e molti altri che si trovavano là in villeggiatura.
Sempre si stava assieme, riunendoci ora in una famiglia, ora in un’altra, e passavamo ore divertitissime ed allegre.

[…] Da qualche tempo in varie città d’Italia si hann casi di colera – e verso fine Giugno 1887 tale infame malattia comincia a spuntare in Sicilia, e così anche a Catania.
Moltissime famiglie lasciano la città e vanno in campagna.
Il 30 Giugno al ritorno dall’istruzione comincia qualche caso fra la truppa – e ne succede gran scompiglio ed impressione nelle Caserme – e nell’Ufficialità.
Nei primi giorni di Luglio i casi di colera aumentano, e varii, quasi con istantanea morte.
Il 2° e 3° Battaglione, d’ordine del Ministero, vanno ad accampare a Monte Pò, nei pressi di Misterbianco. Per l’ordine pubblico in città, resta il 1° Battaglione di cui faccio parte.
I due Battaglioni nonostante accampati in una località salubre – in collina – continuano ad avere sempre più, nuovi infetti – e varii morti. Gli ufficiali ne sono molto preoccupati e demoralizzati.

Il 4 Luglio, sperando di rimettere un po’ di brio e buon umore fra gli Ufficiali, il Colonnello pensa di fare andare al campo, me ed il Tenente Menzinger Guido, sapendoci sempre allegri- pieni di vivacità – di brio – ben dotati di barzellette. Troviamo i Colleghi ed ufficiali tutti, in un abbattimento impressionante. I primi due giorni siamo riusciti a scuoterli un poco, ma subito dopo, la tristezza, le dolorose impressioni, si sono impadronite anco di noi. Non era possibile resistere al doloroso spettacolo di veder fuggire la vita in un istante, e così miseramente, a tanta bella e forte gioventù – e poi… chi poteva esser sicuro di non sottostare all’istessa triste sorte da un momento all’altro, senza la speranza d’un rimedio, d’un aiuto, – senza il conforto della famiglia, dei parenti lontani?
Morire in guerra, si muore da eroe – si muore per la Patria – si fa una morte gloriosa – ma morire di colera, è ben triste – ben doloroso!
Le condizioni del Reggimento sono sempre impressionanti e preoccupanti – ed il Colonnello dietro parere dei sanitarii, il giorno 8 ordina il cambio dell’accantonamento del Regg.to da Monte Pò a Monte Mercantello. Dapprima nessun miglioramento, ma fortunatamente poco per volta non abbiamo a deplorare più alcun decesso – ed a diminuire il numero degli infetti.
Il 14 Agosto da M. Mercantello andiamo ad accampare alla Barriera. Quà si soffre un caldo soffocante al punto da bagnare le lenzuola per poter dormire e stare con ghiaccio sulla testa.
Il 18 Agosto la salute della truppa ritorna normale- più nessun caso di colera- dopo aver fatto vittime l’Aiutante Maggiore – Tenente Zangheri – e 65 uomini di truppa.
La 2° e 3° Compagnia andiamo in servizio di P.S. ad Acireale. Il resto del Reggimento rientra a Catania. Molto mi diverto ad Acireale trovandovisi a villeggiare molte famiglie di Catania che conoscevo.
Vado varie volte a Viagrande a trovare la famiglia Sento, che come al solito mi usano molte cortesie❞.

l’uscita su Facebook (leggi e commenta)

(dalla memoria di Bruno Palamenghi, conservata presso l’Archivio diaristico nazionale di Pieve Santo Stefano)
scheda completa

Nipote di Francesco Crispi, intraprende la carriera militare dopo aver frequentato l’Accademia di Modena. Presta soccorso alle popolazioni dopo le epidemie di colera a Napoli, e in Sicilia dopo il terremoto di Messina. Nel 1911 partecipa alla spedizione in Libia e a novembre, di ritorno con gli altri superstiti, viene acclamato come eroe a Palermo dalla folla e dal Re. Durante la Grande Guerra guida l’esercito nelle battaglie dell’Isonzo e nel Carso e fronteggia la Strafexpedition austriaca, riuscendo a contenerla. Prosegue le azioni di guerra conquistando Gorizia, ma viene rimosso dall’incarico e collocato, suo malgrado, a riposo. Viene richiamato in servizio a Palermo, dove si iscrive al Partito Fascista. Nel 1923 entra a far parte della Milizia volontaria di sicurezza nazionale, nel 1924 diventa Regio Commissario e poi Podestà in alcuni comuni siciliani. In quell’anno partecipa ad un corteo a Roma per rendere omaggio al Re e incontra Mussolini. Dalla gloria passa alla disperazione, per il tentato suicidio del figlio, tenente colonnello dell’aviazione, congedato da Balbo nel 1930.